Smart working: è legale svolgerlo dall’estero? Cosa devi sapere

17 Giugno 2025

Con la diffusione del lavoro da remoto, o lavoro agile, e un cambio di cultura verso la flessibilità lavorativa, molti italiani che ne hanno l’opportunità chiedono di lavorare in smart working dall’estero.
Si tratta di una tendenza ormai consolidata: c’è chi si sposta per un periodo all’estero, chi sceglie una “workation” (lavorare da remoto in località turistiche o di villeggiatura), chi si è trasferito stabilmente oltre confine o chi vive da tempo all’estero.

Per le aziende italiane, questa nuova frontiera del lavoro flessibile rappresenta sì un’opportunità per attrarre e trattenere talenti, ma anche una complessa sfida normativa, fiscale e organizzativa.
Vediamo quindi cosa cambia nel 2025 per i datori di lavoro, in base alle diverse casistiche, e quali sono gli obblighi concreti da rispettare per gestire correttamente il lavoro da remoto internazionale.

Smart working all’estero, le principali tipologie

Poiché lavorare dall’estero è diventata una pratica diffusa, e potrebbe diventarlo ancor di più, è necessario avere un quadro generale delle opportunità di cui possono usufruire aziende e lavoratori nel 2025. La normativa italiana distingue tra diverse modalità di lavoro da remoto all’estero, ciascuna con conseguenze diverse per i datori di lavoro. Le più frequenti sono:

  • Lavoratore residente all’estero in modo stabile: ad esempio un italiano iscritto all’AIRE o un cittadino straniero residente in un altro Paese.
  • Lavoratore temporaneamente all’estero: per vacanze o soggiorni brevi (smartworking occasionale).
  • Nomadi digitali o workation: chi lavora da diversi Paesi durante l’anno, anche per periodi prolungati.

Ognuno di questi scenari comporta obblighi differenti per l’azienda: vediamoli nel dettaglio.

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Lavoratori stabilmente residenti all’estero: obblighi e precauzioni

Uno dei casi più frequenti riguarda i lavoratori iscritti all’AIRE (Agenzia Internazionale Residenti all’Estero) o comunque fiscalmente residenti in un altro Stato.

In queste circostanze, l’azienda italiana può essere esonerata dall’applicazione di IRPEF, INPS e INAIL, ma solo a fronte di alcune condizioni fondamentali:

  • Ricevere una dichiarazione scritta da parte del lavoratore che attesti la residenza fiscale all’estero
  • Ottenere un certificato di residenza fiscale rilasciato dalle autorità locali
  • Verificare che il lavoratore non superi i 183 giorni di presenza in Italia nell’anno fiscale

Soddisfatte queste condizioni, il datore di lavoro può sospendere le ritenute fiscali e i versamenti previdenziali italiani, ma non per questo è esente da responsabilità.

Infatti, è comunque necessario garantire copertura assicurativa e sanitaria al lavoratore. In assenza di INAIL, ciò può avvenire tramite una polizza privata o attraverso l’adesione ai sistemi locali, se previsti.

Va poi valutata con attenzione la normativa del Paese di residenza: in molti ordinamenti, anche aziende estere senza sede locale devono registrarsi e assolvere obblighi fiscali se assumono residenti locali in smartworking continuativo. Trascurare questo passaggio può comportare rischi seri, come multe, accertamenti fiscali o la creazione involontaria di una stabile organizzazione.

Lavoratori temporaneamente all’estero: meno rischi, ma serve chiarezza

Un’altra situazione ricorrente è quella del lavoratore che decide di lavorare dall’estero per un breve periodo, ad esempio durante una vacanza o un soggiorno presso amici o familiari.

In questi casi si parla di smart working occasionale, che in genere non comporta obblighi fiscali o contributivi locali, purché:

  • Il periodo di permanenza all’estero sia effettivamente breve (inferiore a 183 giorni)
  • Il lavoratore mantenga la residenza fiscale in Italia
  • Non venga esercitata alcuna attività organizzativa stabile nel Paese ospitante.

Anche se gli obblighi sono minimi, è buona prassi redigere un accordo scritto tra datore e dipendente, e predisporre una policy aziendale chiara che disciplini il lavoro temporaneo fuori confine: durata massima, luoghi ammessi, coperture, sicurezza informatica.

Una corretta gestione di questi casi consente di offrire flessibilità senza esporsi a rischi legali.

Ragazzo lavora sul pc portatile circondato da montagne

Workation e nomadi digitali: massima attenzione a tempi e luoghi

Sempre più lavoratori scelgono di vivere e lavorare da vari Paesi nel corso dell’anno. Si tratta di una modalità affascinante e in linea con le nuove tendenze del lavoro, ma che richiede un controllo rigoroso da parte dell’azienda.

Il rischio maggiore? La residenza fiscale estera.
Se un dipendente trascorre più di 183 giorni in uno stesso Stato, può infatti diventare residente fiscale locale, con conseguenti adempimenti per il datore di lavoro.

In particolare, l’azienda potrebbe essere tenuta a:

  • Registrarsi presso il fisco del Paese estero
  • Versare imposte e contributi locali
  • Adempiere a obblighi previdenziali, assicurativi o di sicurezza.

È fondamentale, quindi, che le aziende adottino un regolamento aziendale specifico per il lavoro da remoto all’estero. Questo dovrebbe prevedere:

  • Comunicazione obbligatoria anticipata dei periodi e dei Paesi da cui si lavora
  • Limitazioni sulla durata nei singoli Stati
  • Indicazioni su coperture assicurative, policy IT e strumenti di monitoraggio.

Una gestione trasparente e strutturata permette di bilanciare libertà e conformità, proteggendo azienda e dipendenti.

L’assunzione di un lavoratore italiano residente all’estero

Assumere un lavoratore italiano già residente all’estero è pienamente possibile, ma richiede di valutare attentamente il tipo di contratto.

1. Contratto italiano adattato al lavoro estero

Questa opzione è adatta quando il lavoratore mantiene legami forti con l’Italia (es. cittadinanza, CCNL, cultura aziendale). In tal caso è importante:

  • Indicare chiaramente che si tratta di lavoro da remoto all’estero
  • Precisare che l’azienda non esercita poteri organizzativi nello Stato estero, per evitare la creazione di una stabile organizzazione
  • Chiarire le regole applicabili per ferie, malattia, sicurezza e retribuzioni (incluse quelle convenzionali definite annualmente dal MIMIT – Ministero delle Imprese e del Made in Italy).

2. Contratto estero tramite EOR (Employer of Record)

In questo modello, il lavoratore viene assunto da un soggetto locale che funge da datore di lavoro legale. L’azienda italiana resta cliente e gestisce l’operatività quotidiana.
È una soluzione utile quando non si vuole aprire una sede estera, ma si vuole garantire compliance completa nel Paese di residenza del lavoratore.Un’altra alternativa è l’assunzione diretta tramite filiale o società collegata locale, se già presente. Anche in questo caso si applica la normativa del luogo.

Fluida: la soluzione ideale per gestire lo smart working anche all’estero

Nel contesto attuale, in cui la mobilità internazionale e il lavoro da remoto sono sempre più diffusi, le aziende hanno bisogno di strumenti concreti per gestire in modo fluido, centralizzato e conforme tutte le variabili HR.

Fluida è la piattaforma in cloud evoluta ideale anche per le imprese che vogliono offrire flessibilità senza rinunciare al controllo.

Con Fluida puoi:

Fluida consente di monitorare le attività dei lavoratori in modo trasparente, proteggendo la compliance normativa e migliorando l’esperienza dei dipendenti.
Un unico strumento per affrontare senza stress la complessità del lavoro distribuito, sia in Italia che all’estero.

Smart working all’estero: aspetti operativi e normativi da tenere presenti

Quando si gestiscono dipendenti in smart working all’estero, occorre tenere conto di alcuni elementi chiave:

  • Le retribuzioni convenzionali per i lavoratori italiani all’estero vengono pubblicate ogni anno dal MIMIT e servono per determinare l’imponibile in mancanza di busta paga locale
  • È possibile sospendere l’IRPEF solo se il lavoratore dimostra formalmente di essere residente fiscale all’estero (con iscrizione AIRE, certificato di residenza e permanenza estera superiore ai 183 giorni)
  • In presenza di una stabile organizzazione, o se la permanenza in un Paese è significativa, l’azienda potrebbe dover registrarsi presso il fisco locale

La scelta tra contratto italiano o estero dipende da vari fattori come durata, struttura societaria, tipologia di attività e livello di controllo esercitato nel Paese in questione.

Lo smart working all’estero è una realtà destinata a consolidarsi e crescere. Le aziende che sapranno affrontarla con competenza, visione e strumenti adeguati saranno anche quelle che riusciranno ad attrarre i migliori talenti e costruire una cultura del lavoro moderna, flessibile e internazionale.

Grazie a piattaforme come Fluida, è oggi possibile governare con semplicità anche i modelli di lavoro più evoluti, mantenendo sempre alto il livello di controllo, compliance e trasparenza.