Nella gestione delle risorse umane, ci sono momenti in cui le aziende si trovano a dover riorganizzare la propria struttura interna, sia per esigenze economiche che strategiche. Una delle modalità previste dalla normativa italiana per affrontare queste situazioni è il prepensionamento, uno strumento pensato per facilitare la cessazione anticipata e consensuale del rapporto di lavoro.
Si tratta di una misura che permette alle imprese di favorire l’uscita di dipendenti prossimi alla pensione, offrendo un sostegno economico in cambio della risoluzione del contratto prima della naturale scadenza. Una pratica che, se gestita correttamente, può rappresentare una forma ordinata e tutelante di accompagnamento verso il pensionamento, nel rispetto sia delle necessità aziendali che dei diritti del lavoratore.
Che cos’è l’incentivo all’esodo
L’espressione “incentivo all’esodo” si riferisce a un accordo tra azienda e dipendente, attraverso cui quest’ultimo accetta la cessazione del proprio rapporto di lavoro prima del raggiungimento dei requisiti pensionistici, in cambio di un corrispettivo economico. La forma dell’incentivo può variare: si va da una somma unica a un’erogazione mensile continuativa, a seconda della situazione e del tipo di accordo.
Questa possibilità non è riservata esclusivamente ai contesti di crisi, ma può essere utilizzata anche in assenza di piani di ristrutturazione collettiva, laddove sussista un interesse condiviso tra datore di lavoro e lavoratore a concludere il rapporto in anticipo. In ogni caso, si tratta sempre di una misura su base volontaria, che richiede il consenso esplicito del dipendente.
Le principali forme di incentivo all’esodo
L’incentivo all’esodo non ha un’unica configurazione normativa. Esistono infatti diverse tipologie, che si distinguono in base alle modalità operative, al soggetto che gestisce la prestazione e al quadro giuridico di riferimento. Le tre forme principali sono:
- Prestazione di esodo prevista dalla Legge 92/2012, nota anche come Legge Fornero, che introduce un meccanismo strutturato di accompagnamento alla pensione, rivolto ai lavoratori che si trovano a non più di sette anni dalla maturazione del requisito;
- Esodo volontario, ossia l’accordo individuale tra datore e dipendente per la cessazione anticipata del rapporto, sostenuto da un incentivo una tantum;
- Esodo nell’ambito di piani di ristrutturazione collettiva, che si applica in contesti aziendali complessi e prevede spesso il ricorso ad ammortizzatori sociali come la CIGS o la mobilità, attraverso specifici accordi con le parti sociali.
Tra queste, la forma regolata dalla Legge Fornero è particolarmente rilevante per la chiarezza normativa e la struttura articolata del meccanismo, che prevede un ruolo attivo dell’INPS e condizioni precise per la sua attivazione.
Prestazione di esodo: un meccanismo strutturato di accompagnamento alla pensione
La prestazione di esodo introdotta dalla Legge 92/2012 si rivolge alle aziende con più di 15 dipendenti, che intendano agevolare l’uscita di lavoratori che si trovano a un massimo di sette anni dalla pensione. Il vantaggio principale di questa misura è la possibilità di assicurare continuità di reddito e di contribuzione previdenziale fino al momento in cui il lavoratore avrà diritto alla pensione.
In questo schema, l’azienda non versa direttamente al dipendente, ma si impegna a finanziare:
- un’indennità mensile, pari al trattamento pensionistico maturato;
- la contribuzione figurativa, utile a garantire la copertura previdenziale per il periodo residuo.
Questi importi vengono gestiti ed erogati direttamente dall’INPS, ma l’onere economico resta a carico dell’impresa, che deve anticipare il costo complessivo della prestazione. Per le aziende che rispettano i requisiti, è prevista la possibilità di dilazionare l’importo fino a 120 rate mensili, ma resta fondamentale una valutazione economico-finanziaria preventiva da parte dell’ente previdenziale, che fornisce un nulla osta all’attivazione dell’accordo.
Questa prestazione non è una misura universale, ma uno strumento tecnico utilizzabile solo in determinate condizioni. Va quindi pianificato con attenzione e gestito con il supporto di figure competenti in ambito giuslavoristico e previdenziale.
Cosa comporta per l’azienda l’incentivo all’esodo?
L’adozione di un incentivo all’esodo, o prepensionamento, implica per l’azienda una serie di responsabilità significative, sia dal punto di vista economico che operativo. A prescindere dalla forma prescelta, l’uscita anticipata del lavoratore comporta sempre un costo per l’impresa, che deve essere valutato in rapporto ai benefici attesi, come la riduzione del personale, il contenimento dei costi o la ristrutturazione dei processi interni.
Nel caso di un accordo volontario con il lavoratore, l’onere economico si concentra sull’incentivo pattuito, che viene generalmente versato in un’unica soluzione. In presenza invece di un piano strutturato come quello previsto dalla Legge Fornero, la complessità cresce.
In quest’ultimo caso, infatti, il datore di lavoro è tenuto a:
- richiedere una valutazione finanziaria preventiva all’INPS;
- presentare le necessarie garanzie economiche, come fideiussioni bancarie;
- sottoscrivere accordi individuali o collettivi con i lavoratori coinvolti;
- rispettare le tempistiche stabilite, evitando interruzioni nel periodo contributivo del dipendente.
La somma da versare all’INPS viene calcolata su base attuariale e deve coprire l’intero periodo che separa il lavoratore dalla pensione. Non si tratta quindi di una misura economicamente neutra, ma di un investimento che richiede un’adeguata capacità finanziaria e una solida pianificazione di lungo periodo.
Incentivo all’esodo: la differenza tra incentivo volontario e prestazione INPS
Un elemento cruciale da comprendere riguarda la diversa natura dell’incentivo a seconda della modalità scelta. Nell’incentivo volontario, il dipendente riceve un importo una tantum che viene assoggettato a tassazione e che rappresenta una forma di compensazione economica immediata. Una volta ricevuto l’importo, il lavoratore può restare privo di reddito fino all’accesso alla pensione, salvo non possa ricorrere ad ammortizzatori sociali come la Naspi.
Nel caso della prestazione INPS, invece, il dipendente gode di un reddito mensile continuo e di una copertura previdenziale piena, che gli consentono di avvicinarsi alla pensione senza interruzioni o incertezze. L’azienda, in cambio, affronta un impegno economico più complesso ma anche più strutturato.
Questa distinzione è importante anche in termini di comunicazione interna: l’impresa deve essere in grado di presentare l’operazione non come una penalizzazione per il dipendente, ma come una forma di accompagnamento regolata e sostenuta.
La tassazione e la contribuzione
Anche il trattamento fiscale e contributivo dell’incentivo all’esodo varia a seconda della tipologia adottata. Quando l’azienda eroga un incentivo economico direttamente al lavoratore, ad esempio nell’ambito di un accordo volontario o di un piano di riorganizzazione collettivo, l’importo è soggetto alle aliquote IRPEF ordinarie, come previsto per il reddito da lavoro.
Va tuttavia sottolineato che:
- l’incentivo non concorre alla determinazione del TFR, poiché non rientra nel computo delle competenze retributive;
- non è soggetto a contribuzione previdenziale, a condizione che venga erogato al momento della cessazione effettiva del contratto, così da non essere interpretato come retribuzione differita.
Diversa è la situazione nel caso della prestazione di esodo regolata dalla Legge 92/2012. In questo scenario, l’indennità è esente da tassazione per il lavoratore, trattandosi di una prestazione sostitutiva del reddito. Non viene quindi applicata l’IRPEF, e il lavoratore non deve versare alcuna imposta sulla somma ricevuta.
Rimane invece a carico dell’azienda la contribuzione figurativa, un elemento tecnico ma fondamentale: si tratta di un accredito contributivo che l’INPS registra per conto del lavoratore, permettendogli di maturare pensione anche se non sta effettivamente lavorando. Questo importo viene calcolato e versato dall’azienda, ed è parte integrante del costo complessivo della prestazione.
In quali casi può risultare conveniente l’incentivo all’esodo?
La valutazione della convenienza di un incentivo all’esodo dipende da molteplici fattori. In primo luogo, dalla distanza del lavoratore dalla pensione: generalmente, lo strumento è considerato praticabile quando il dipendente ha un orizzonte di cinque-sette anni dal raggiungimento dei requisiti previdenziali.
Un altro aspetto da considerare è il costo complessivo della permanenza del dipendente rispetto all’importo dell’incentivo. Se l’uscita anticipata comporta un risparmio economico significativo per l’azienda — per esempio in caso di retribuzioni elevate o di posizioni non più centrali nella strategia futura — allora l’incentivo può rappresentare una soluzione equilibrata.
Infine, può essere rilevante la presenza di accordi di categoria o sindacali che favoriscono l’utilizzo di questo strumento, prevedendo condizioni agevolate, fondi di accompagnamento o misure di tutela per i lavoratori.
In ogni caso, è fondamentale che la decisione sia supportata da una valutazione approfondita, che tenga conto non solo degli aspetti economici ma anche del clima aziendale, delle competenze coinvolte e delle prospettive di riorganizzazione.
Benefici indiretti e gestione del cambiamento
Oltre ai vantaggi strettamente economici o previdenziali, l’incentivo all’esodo può portare con sé anche effetti positivi sul piano organizzativo e relazionale, a patto che venga gestito con attenzione e in modo condiviso. Nelle aziende che affrontano una ristrutturazione o un cambio generazionale, l’uscita anticipata di alcune figure può infatti creare le condizioni per un turnover controllato, che consente l’inserimento di nuove competenze o di riequilibrare la distribuzione delle risorse.
Non va dimenticato che uno dei principali ostacoli nei percorsi di innovazione interna può essere proprio la rigidità strutturale legata alla saturazione di alcuni ruoli. Proporre un’uscita volontaria e tutelata a chi si avvicina alla pensione può agevolare l’accesso a nuove professionalità, indispensabili alla crescita dell’azienda.
Questo approccio può contribuire anche a ridurre le tensioni e i contenziosi, rispetto a soluzioni controverse come i licenziamenti collettivi, che oltre a creare un danno alla persona interessata, generano impatti negativi sul clima aziendale, oltre a esporre l’azienda a cause legali e una diminuzione della reputazione.
La flessibilità degli accordi
Uno degli aspetti più apprezzati dell’incentivo all’esodo, specialmente nella sua versione volontaria, è la possibilità di personalizzazione. L’accordo può essere modulato in base al profilo del lavoratore, al periodo mancante alla pensione e alle disponibilità economiche dell’azienda.
Le forme di incentivo possono infatti comprendere:
- un importo fisso erogato una sola volta;
- un piano di corresponsione mensile fino al pensionamento;
- un mix di compensazioni, eventualmente integrato con altri strumenti, come indennità sostitutive, fondi di solidarietà, supporto alla ricollocazione o accesso agevolato a misure di welfare.
La stessa durata dell’accordo può variare sensibilmente, a seconda della distanza dal pensionamento e delle esigenze aziendali. In alcuni casi, l’incentivo può riguardare un gruppo selezionato di lavoratori; in altri, può essere aperto su base volontaria a tutti coloro che si trovano entro un certo arco temporale dalla maturazione della pensione.
Questa elasticità operativa rappresenta un valore aggiunto, soprattutto nei contesti in cui è necessario gestire una transizione graduale e minimizzare gli effetti collaterali sull’operatività quotidiana.
Pianificazione economica e previsione costi del prepensionamento
Un ulteriore elemento da considerare è che, nel caso della prestazione di esodo gestita dall’INPS, l’azienda ha la possibilità di accedere a un calcolo preventivo dei costi complessivi da sostenere. Questo strumento consente di pianificare con maggiore precisione l’impatto finanziario dell’operazione e di valutare l’opportunità della rateizzazione fino a un massimo di dieci anni.
La trasparenza dei costi stimati rappresenta un vantaggio concreto rispetto ad altre forme di uscita, spesso più incerte o soggette a variabili imprevedibili. Conoscere l’impegno economico complessivo permette all’impresa di confrontarlo con gli eventuali benefici ottenibili — sia in termini di risparmio sulle retribuzioni, sia in relazione agli effetti sul piano organizzativo e produttivo.
Prepensionamento: una scelta che richiede equilibrio
Incentivare l’esodo non è mai una scelta da prendere alla leggera. Anche quando vi sono motivazioni aziendali solide, è fondamentale considerare l’impatto umano e professionale di queste decisioni. Per il lavoratore coinvolto, infatti, l’uscita anticipata segna un cambiamento importante, talvolta l’inizio di un periodo di incertezza, oppure il passaggio definitivo alla vita pensionistica.
L’azienda deve saper gestire il prepensionamento con rispetto, trasparenza e sensibilità, riconoscendo il valore del percorso compiuto e offrendo, laddove possibile, strumenti di accompagnamento e supporto. Il dialogo con le rappresentanze interne, la chiarezza degli accordi e la possibilità di scelta reale per il dipendente sono elementi essenziali per trasformare l’incentivo all’esodo in uno strumento efficace e sostenibile, e non in un’imposizione mal percepita.
L’incentivo all’esodo è uno strumento previsto dal diritto del lavoro che può rispondere, se ben gestito, a esigenze sia aziendali che individuali. Si tratta di uno strumento complesso, che coinvolge aspetti contrattuali, previdenziali, fiscali e gestionali, e che per questo richiede una valutazione attenta e personalizzata.
L’applicazione del prepensionamento dei dipendenti è particolarmente indicata nei casi in cui l’azienda intenda riorganizzare le proprie risorse, ridurre il rischio di contenziosi o favorire un passaggio generazionale. Tuttavia, per trasformarlo in un’operazione efficace, è fondamentale affrontarlo con metodo e strumenti adeguati, valorizzando al massimo le opportunità offerte dalla normativa e garantendo tutela e continuità ai lavoratori coinvolti.