Geolocalizzazione e smart working: cosa dice il Garante e come evitare sanzioni.

19 Maggio 2025

Un ente pubblico è stato recentemente sanzionato per aver geolocalizzato i dipendenti in smart working senza rispettare la normativa sulla privacy. Un caso che solleva interrogativi importanti sull’uso corretto delle tecnologie nel lavoro agile. Scopri cosa dice il Garante e perché è fondamentale scegliere strumenti davvero conformi, come Fluida e soprattutto usarli in modo corretto.

Un caso emblematico: il controllo dei lavoratori in remoto finisce sotto la lente del Garante

Negli ultimi anni, il ricorso al lavoro agile è cresciuto in modo esponenziale, trasformandosi da misura emergenziale a modalità strutturale in molte organizzazioni, pubbliche e private. Questa trasformazione, tuttavia, ha sollevato numerosi interrogativi sul piano della tutela dei diritti dei lavoratori, soprattutto quando si parla di strumenti di controllo e monitoraggio dell’attività lavorativa.

Un recente provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali ha riportato il tema al centro del dibattito, sanzionando con 50.000 euro un ente pubblico regionale per l’utilizzo illecito di sistemi di geolocalizzazione applicati al lavoro agile.

L’ente in questione, secondo quanto ricostruito dal Garante, imponeva ai dipendenti, circa 100, in smart working di registrare l’orario di inizio e fine attività tramite un’app chiamata “Time Relax”. Questa prevedeva l’attivazione della geolocalizzazione sul dispositivo personale del lavoratore, in modo da verificare se la posizione fosse compatibile con quanto previsto dagli accordi individuali. In almeno un caso documentato, i dati raccolti sono stati impiegati anche per avviare un procedimento disciplinare.

A seguito di una segnalazione interna da parte di una dipendente e di un ulteriore riscontro proveniente dal Dipartimento della Funzione Pubblica, il Garante ha aperto un’istruttoria che ha portato all’accertamento di numerose violazioni della normativa sulla protezione dei dati personali, in particolare del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e del Codice Privacy italiano (D.lgs. 196/2003).

Perché il trattamento è stato ritenuto illecito

Il punto centrale della decisione risiede nella constatazione che il trattamento dei dati di geolocalizzazione, così come implementato dall’ente, configurava un controllo diretto e sistematico dell’attività lavorativa, in contrasto con i principi fondamentali del diritto del lavoro e della protezione dei dati.

Il Garante ha evidenziato l’illiceità del trattamento, giudicando sproporzionato e invasivo l’utilizzo di coordinate GPS per monitorare la conformità del lavoratore agli accordi di lavoro agile. Un tale sistema, ha ribadito l’Autorità, lede la libertà morale del dipendente e si pone in evidente contrasto con il principio di proporzionalità previsto dal GDPR.

Altro punto critico riscontrato riguarda l’assenza di una base giuridica adeguata: l’ente aveva motivato il trattamento sulla base di una propria delibera interna e di un accordo sindacale, elementi che però, secondo il Garante, non sono sufficienti a legittimare la raccolta di dati così sensibili. Anche il consenso espresso dai lavoratori tramite l’app, richiesto per attivare la localizzazione, è stato considerato non valido in ambito lavorativo, in quanto ottenuto in un contesto caratterizzato da uno squilibrio strutturale tra datore di lavoro e dipendente.

A questo si aggiunge la violazione del principio di minimizzazione, per cui ogni trattamento deve limitarsi a ciò che è strettamente necessario. In questo caso, la raccolta sistematica delle coordinate geografiche andava ben oltre quanto richiesto per la semplice gestione del rapporto di lavoro, invadendo indebitamente la sfera privata dei lavoratori.

Infine, il Garante ha riscontrato che l’ente:

  • non aveva fornito un’informativa adeguata ai lavoratori, mancando di dettagliare in modo completo modalità e finalità del trattamento;
  • non aveva condotto una valutazione d’impatto preventiva (DPIA), obbligatoria in caso di trattamenti che presentano un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati;
  • aveva utilizzato i dati per fini disciplinari, in assenza di una base giuridica idonea e per finalità diverse da quelle originariamente dichiarate.

I limiti all’uso delle tecnologie nel lavoro agile

Il provvedimento del Garante non si limita a sanzionare il comportamento dell’ente, ma costituisce anche un’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di controllo e sorveglianza nel contesto lavorativo.

In particolare, è stato sottolineato che qualsiasi strumento tecnologico utilizzato per la gestione dei lavoratori deve essere proporzionato, trasparente e giustificato da esigenze reali, come la sicurezza, l’organizzazione del lavoro o la tutela del patrimonio aziendale. Non è mai ammesso l’uso di tecnologie che si traducano in una sorveglianza invasiva, capace di compromettere la dignità o la libertà dei lavoratori.

Anche il consenso del lavoratore non può essere considerato sufficiente per autorizzare trattamenti delicati come quelli relativi alla localizzazione. Come più volte ribadito, in ambito lavorativo non si può prescindere da tutele rafforzate, proprio per lo squilibrio esistente nel rapporto tra le parti.

Configurazione dell'app Fluida con impostazioni sulla privacy e controllo dei dati geolocalizzati

Fluida: una piattaforma pensata per il rispetto delle normative

In un contesto così complesso, è essenziale che le aziende si affidino a strumenti progettati “compliant by design”, ovvero pensati fin dall’origine per rispettare le norme, ridurre i rischi e tutelare i diritti delle persone.

Fluida è un esempio concreto di questa filosofia.

La nostra piattaforma per la gestione delle presenze consente alle aziende di monitorare la forza lavoro anche da remoto, ma lo fa senza mai sconfinare nel controllo illecito o nella raccolta indiscriminata di dati.

Fluida consente:

  • la configurazione flessibile delle funzioni di geolocalizzazione, attraverso il geofencing, che permette di generare un area circoscritta all’interno della quale è possibile effettuare la timbratura con GPS, la verifica della localizzazione avviene quindi all’interno dello smartphone senza mai inviare sul cloud le coordinate della posizione del lavoratore
  • la raccolta di dati minimizzati, pertinenti e limitati alle finalità dichiarate
  • la possibilità di gestire, tramite l’app, tutte le comunicazioni importanti utili ai fini di ottenere sempre la massima trasparenza verso i lavoratori
  • il rispetto dello Statuto dei Lavoratori (art. 4), che disciplina l’uso di strumenti che possono implicare un controllo a distanza;

In altre parole, Fluida fornisce strumenti efficaci, ma soprattutto corretti, che aiutano le aziende a digitalizzarsi in modo sostenibile, nel rispetto delle normative e della fiducia dei propri collaboratori. 

Digitalizzazione sì, ma nel rispetto dei diritti

L’episodio analizzato evidenzia quanto sia facile, anche in buona fede, incorrere in errori nell’adozione di strumenti digitali per la gestione del lavoro agile. Errori che possono avere conseguenze pesanti, non solo economiche, ma anche in termini di reputazione aziendale e benessere organizzativo.

La chiave sta nell’utilizzare la tecnologia in modo consapevole: configurandola correttamente, definendo policy trasparenti e rispettando le regole, anziché forzando le possibilità offerte dai dispositivi.

Fluida è al fianco delle aziende proprio per questo: per supportare una transizione digitale che sia non solo efficiente, ma anche giusta, equilibrata e, soprattutto, conforme alla legge.